Laboratorio OBS
L’OBS & Earth Lab, fondato nel 2005 presso l’Osservatorio Geofisico di Gibilmanna, ha come missione principale quella della progettazione, della realizzazione e della gestione di una flotta di strumenti sismici sottomarini, comunemente denominati OBS (Ocean Bottom Seismometer).
Il primo prototipo di OBS prodotto dall’INGV (denominato OBS “A”) risale al 2006 e la prima missione marina venne condotta sulle pendici del vulcano sottomarino Marsili. L’OBS installato registrò nell’arco di 9 giorni più di 1000 eventi sismici e fornì, per la prima volta, l’evidenza sperimentale di attività idrotermale del vulcano.
Al primo gruppo di OBS “A”, si sono aggiunti nel tempo gli OBS “B”; questo secondo modello presentava un duplice vantaggio rispetto alla versione precedente, legato sia al volume inferiore sia alla maggiore accuratezza nella registrazione dei dati sismici.
Nel complesso l’INGV ha una flotta di 20 OBS con i quali ha condotto numerose missioni marine: nel Tirreno, nel Canale di Sicilia, nello Ionio e nel Mar di Marmara.
A partire dal 2014 l’INGV ha intrapreso la realizzazione dei primi OBS da Prospezione sismica (OBSP) che hanno partecipato all’esperimento TOMO-ETNA, ottenendo come prodotto un’immagine “interna” della struttura del vulcano, grazie a una complessa rete di sismometri marini e terrestri. Di recente, è stata completata una revisione dell’OBSP con lo scopo di estendere il suo utilizzo agli studi dei fenomeni sismici naturali. Tra le condizioni da soddisfare, la più importante è estendere il periodo del sensore sismico a bordo dell’OBSP. Gli eventi sismici naturali, infatti, producono movimenti del suolo che sono più lenti rispetto a quelli prodotti dalle sorgenti artificiali.
Molte delle soluzioni tecnologiche sviluppate all’OBS & Earth Lab per gli strumenti marini sono state impiegate nello sviluppo di strumenti sismici terrestri, in particolare il sensore sismico ETL3D/5s e la stazione sismica PGS1. La tradizione di produrre sensori sismici nelle proprie officine e successivamente laboratori all’ING (oggi INGV) risale agli inizi del secolo scorso (1939). Da allora non sono stati più prodotti sensori sismici originali almeno fino al 2018, anno in cui sono state prodotte le prime unità del sensore ETL3D/5s. L’ETL3D/5s è un sensore sismico 5-secondi, di piccole dimensioni, a basso consumo di energia e a basso costo. Il monitoraggio dei terremoti locali e regionali costituisce l’utilizzo tipico di questo sensore.
Parallelamente, è stata sviluppata la nuova stazione sismica portatile PGS1. Il progetto ha fornito una soluzione a basso costo per le reti di monitoraggio sismico, resistente agli agenti atmosferici. A tal fine è stata realizzata una stazione compatta e facilmente trasportabile, comprendente il registratore SeismoLog, già sviluppato per gli OBSP, e il sensore sismico ETL3D/5s. La stazione è alimentata da una batteria a litio ricaricabile tramite un piccolo pannello fotovoltaico incluso nella stazione.
L’OBS & Earth Lab dispone, inoltre, di un bromografo per la costruzione di prototipi di circuiti elettronici (PCB), di una stampante 3D e di un‘officina per la prototipazione e l’assemblaggio di strumentazione.
Laboratorio di Sedimentologia e Microscopia ottica
Il Laboratorio di Sedimentologia e Microscopia ottica (LSM-OE) si occupa della caratterizzazione fisica dei campioni di tefra (o piroclastiti) emessi durante l’attività esplosiva (ceneri, lapilli e bombe).
Prima di essere sottoposti ad analisi, i campioni possono essere pre-trattati utilizzando diverse strumentazioni (bagno ad ultrasuoni per separare campioni sporchi o particelle vulcaniche aderenti tra loro, forno elettrico per asciugare campioni umidi, quartatori semiautomatici per frazionare campioni abbondanti). I campioni di tefra possono essere pesati tramite bilance elettroniche di precisione a 2 cifre decimali.
La distribuzione granulometrica di piroclastiti può essere effettuata tramite analisi d’immagine (con il CAMSIZER, che non fraziona il campione totale) o setacciatura meccanica (utilizzando setacci e vibro-setacciatore, che separano il campione in sottoclassi di particelle con dimensioni simili).
Lo stereo microscopio consente di osservare e studiare in dettaglio campioni formati da particelle vulcaniche fino a pochi mm di grandezza, tramite analisi quantitative (stima della percentuale dei diversi componenti che le formano) e qualitative (descrizione di tessiture e morfologie). Particelle vulcaniche da fini (ceneri) a grossolane (bombe) possono essere fotografate tramite differenti dispositivi fotografici. È possibile inoltre eseguire misure di densità su particelle con dimensioni comprese tra 2 e 3 cm circa utilizzando un picnometro ad acqua ed una bilancia con una precisione a 5 cifre decimali.
Nel complesso, lo studio di campioni di tefra presso il LSM-OE fornisce informazioni sulla dinamica eruttiva, i processi di frammentazione e le caratteristiche tessiturali dei prodotti eruttati durante una eruzione esplosiva, e di valutare la massa totale dei depositi formatisi a terra e quindi intensità e magnitudo dell’attività eruttiva che li ha prodotti.
Laboratorio di microscopia ottica a luce polarizzata
L’analisi petrografica al microscopio ottico a luce polarizzata di sezioni sottili di rocce è uno dei metodi di analisi mineralogica classica che si applica a solidi (cristallini o amorfi), raggiungendo una risoluzione spaziale che va dalla scala sub-centimetrica fino a qualche centinaio di micron.
Le osservazioni vengono effettuate su sezioni sottili opportunamente preparate: un campione viene ridotto ad uno spessore di 30 micron ed incollato su un vetrino da microscopia. Ciò ne consente lo studio al microscopio al luce polarizzata, mediante osservazioni a nicols paralleli ed incrociati.
Per le rocce vulcaniche, l’analisi petrografica consente individuare la natura e le proporzioni delle fasi minerali e le tessiture della pasta di fondo. L’identificazione dei minerali si basa sulle proprietà ottiche e morfologiche del minerale (es: la forma). Si possono inoltre valutare le dimensioni, la presenza di zonature composizionali, inclusioni, lo stato di alterazione etc. L’interpretazione dei dati raccolti consente di ricostruire la storia di raffreddamento della roccia vulcanica che inizia già all’interno dell’edificio vulcanico e si conclude sulla superficie terrestre.
L’analisi petrografica al microscopio ottico a luce polarizzata ha il limite di non consentire di determinare con precisione la composizione di un minerale o del vetro vulcanico. Inoltre, se il minerale è molto piccolo, come i microcristalli della pasta di fondo delle rocce vulcaniche, non si riesce ad identificarlo. Pertanto, uno studio moderno deve necessariamente associare alle osservazioni petrografiche classiche delle tecniche di alta risoluzione spaziale (es: microsonda elettronica, microscopio elettronico a scansione con associata microanalisi).
Il Laboratorio di Tecnologie per la Geofisica dei Vulcani (TecnoLab)
Il TecnoLab è stato istituito nel 2001 in convenzione con l’Università di Catania, nelle aree dell’Ingegneria dei Sistemi e della Matematica per le Tecnologie applicate alla Geofisica dei Vulcani attivi, per curare la formazione scientifica e tecnologica di giovani specialisti impegnati nelle ricerche di Fisica del Vulcanismo.
Dalla fondazione del TecnoLab sono stati seguiti i lavori di ricerca di:
- oltre 50 tesi di laurea in Ingegneria, Informatica, Matematica e Scienze della Terra;
- 8 borse di studio e 19 assegni di ricerca nel campo della fisica del vulcanismo;
- oltre 30 stage di studenti della Ecole et Observatoire des Sciences de la Terre di Strasburgo (Francia), dell’Università di Las Palmas de G.C. (Spagna), del Instituto de Ciencias de la Tierra "Jaume Almera" di Barcellona (Spagna), della School of Earth and Environmental Sciences di Portsmouth (UK), della University of Science and Technology di Montpellier (Francia)
Il TecnoLab ha anche attivato 15 dottorati di ricerca (9 in Ingegneria, 2 in Matematica e 4 in Informatica) aventi come principali temi di ricerca lo sviluppo di modelli fisico-matematici per la valutazione quantitativa della pericolosità vulcanica e di tecniche satellitari per il monitoraggio degli eventi eruttivi.
Dal 2011 il TecnoLab è stato selezionato da NVIDIA come CUDA Research Center per l’implementazione parallela su architettura GPU di codici per le simulazioni al computer [http://research.nvidia.com/content/cuda-research-centers].
N. |
Studente |
Ciclo |
Dottorato |
Università |
Presente |
1 |
Gilda Currenti |
2000-2003 |
Ingegneria |
Catania |
Ricercatrice di ruolo INGV |
2 |
Claudia Bonomo |
2001-2004 |
Ingegneria |
Catania |
Insegnante scuola |
3 |
Annamaria Vicari |
2002-2005 |
Ingegneria |
Catania |
Ricercatrice di ruolo INGV |
4 |
Alexis Herault |
2003-2008 |
Information Theory |
Paris XIII |
Professore associato in Francia |
5 |
Gaetana Ganci |
2004-2007 |
Ingegneria |
Catania |
Ricercatrice di ruolo INGV |
6 |
Salvatore Giudice |
2005-2008 |
Ingegneria |
Catania |
|
7 |
Alessia Ciraudo |
2005-2008 |
Matematica |
Catania |
|
8 |
Danila Scandura |
2006-2009 |
Matematica |
Catania |
Assegno di ricerca INGV |
9 |
Agnese Di Stefano |
2008-2011 |
Ingegneria |
Catania |
Dirigente ENEL |
10 |
Eugenio Rustico |
2008-2011 |
Informatica |
Catania |
Ricercatore del BAW in Germania |
11 |
Antonio Pistorio |
2009-2012 |
Ingegneria |
Catania |
Assegno di ricerca UniCT |
12 |
Annalisa Cappello |
2009-2012 |
Informatica |
Catania |
Ricercatrice di ruolo INGV |
13 |
Alexander Vorobyev |
2012-2013 |
Ingegneria |
CNAM-Paris |
Ricercatore di EDF in Francia |
14 |
Vito Zago |
2015-2018 |
Ingegneria |
Catania |
Assegno di ricerca in USA |
15 |
Pierangelo Calanna |
2017-2020 |
Informatica |
Catania |
Laboratorio di fluorescenza ai raggi X (XRF)
La fluorescenza ai raggi X è una tecnica che consente di misurare gli elementi chimici presenti da B fino a U in materiali solidi o liquidi. Può analizzare qualitativamente o quantitativamente (fino a qualche ppm) i campioni in forma di pasticche di polvere o dischi di vetro. Il laboratorio dispone di uno strumento XRF Rigaku ZSX Primus II.
Come funziona
Nella spettrometria di fluorescenza ai raggi X il campione di cui si vuole conoscere la composizione viene bombardato con un fascio di raggi X prodotti da un tubo. L’interazione di queste radiazioni provoca l’allontanamento degli elettroni eccitati dei livelli energetici più interni, lasciando delle vacanze che vengono colmate dagli elettroni degli orbitali più esterni. Durante questo trasferimento vengono emessi i “raggi X di fluorescenza” le cui righe spettrali sono caratteristiche dei vari elementi e vengono discriminate mediante un monocristallo analizzatore.
La spettrometria dei raggi X di fluorescenza è un metodo di confronto per cui, per un’accurata analisi quantitativa, occorre tracciare delle curve di taratura utilizzando una serie di campioni a composizione nota (standard internazionali di riferimento) riportando l’intensità dei raggi X di fluorescenza in funzione della concentrazione dell’elemento che li genera. Quindi le intensità dei raggi X emessi dal campione a composizione incognita verranno confrontate con quelle emesse dagli standards di riferimento.
Preparazione campioni
Il metodo di misura assume che i raggi X assorbiti passino attraverso una regione del campione composizionalmente omogenea per cui è fondamentale un'opportuna preparazione dello stesso.
I campioni eterogenei vengono frantumati grossolanamente mediante pressa idraulica, successivamente vengono ridotti in granuli mediante frantoio a mascelle ed infine polverizzati mediante mulino ad anelli.
Dalle polveri si possono ottenere:
Pasticche pressate: la polvere della roccia dopo essere stata tenuta in stufa a 60 °C per 12 ore, viene omogeneizzata a mano con cera, nelle quantità di 7 ± 0.005g di polvere e 1.4g di cera. Successivamente il composto viene messo in uno stampo di alluminio e pressato a 30 MPa per 60 s e ridotto ad una pasticca del diametro di 40 mm.
Dischi di vetro (perle): Una “Perla” è un disco di vetro risultato della fusione di un campione di polvere mescolato con un opportuno fondente. Quest’ultimo una volta fuso (800 - 1000°C) diventa un solvente per la maggior parte degliossidi componenti il campione. Si forma così una soluzione omogenea che, raffreddata velocemente produce un vetro omogeneo, ideale per le analisi in XRF.
Il fondente utilizzato è il Tetraborato di Litio (Li2B4O7) che ha il punto di fusione a 930°C e fonde lentamente.
Lo strumento utilizzato per la realizzazione delle perle è la Perlatrice e le procedure possono essere riassunte essenzialmente in:
- preparazione di un composto costituito da un’opportuna quantità di campione e di fondente;
- riscaldamento del composto ad una temperatura sufficiente a liquefarlo;
- agitazione del fuso per omogeneizzarlo;
- versamento del fuso nel piattino anch’esso riscaldato;
- raffreddamento veloce del fuso in condizioni tali da ottenere un vetro privo di cristalli.
Tipi di analisi
Al momento lo strumento è stato calibrato per l'analisi quantitativa degli elementi maggiori:
Si,Ti, Al, Fe, Mn, Mg, Ca, Na, K, P.
La calibrazione è stata effettuata analizzando dischi di vetro (perle) di standards internazionali.
Durante ogni sessione di analisi per un maggiore controllo dell'accuratezza delle analisi insieme ai campioni sconosciuti vengono analizzati alcuni standards internazionali.