Etna: un nuovo studio INGV chiarisce le dinamiche delle valanghe piroclastiche
Un approccio integrato e multidisciplinare ha consentito ad un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di ricostruire le dinamiche che hanno portato alla formazione di una valanga piroclastica sull’Etna il 10 febbraio 2022. Lo studio “Trigger mechanism and propagation dynamics of pyroclastic density currents at basaltic volcanoes”, condotto da ricercatori dell’Osservatorio Etneo e della sezione di Pisa dell’INGV, è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications Earth & Environment.
Le valanghe piroclastiche, anche note come correnti piroclastiche, sono flussi ad alta velocità costituiti da gas caldi, ceneri e frammenti vulcanici. Si tratta di fenomeni tra i più pericolosi in ambito vulcanico, in grado di svilupparsi in modo improvviso e di percorrere rapidamente ampie porzioni dei fianchi dell’edificio vulcanico. L’evento oggetto dello studio si è generato in corrispondenza di una frattura apertasi sul fianco meridionale del cono del Cratere di Sud-Est (CSE), durante una fase eruttiva particolarmente intensa.
“L’analisi integrata di osservazioni da terra, video-registrazioni, immagini satellitari, dati petrografici e modelli numerici ha evidenziato come l’accumulo rapido di materiale instabile, combinato con alte temperature residue e alterazione dei depositi superficiali, abbia condotto a un collasso gravitazionale del fianco del cono”, dichiara Daniele Andronico, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio.
Il flusso piroclastico che ne è derivato ha coinvolto un volume di circa un milione di metri cubi di materiale, propagandosi fino all’area dei crateri formatisi durante l’eruzione del 2002-2003, una zona di frequente interesse escursionistico. L’evento ha lasciato una profonda cicatrice sul cono del CSE, visibile anche nelle osservazioni satellitari.
La simulazione numerica dell’evento del 2022 suggerisce che la valanga si sia propagata con una elevata energia cinetica determinata non solo dal collasso gravitazionale, ma anche dall’instaurarsi di processi che ne hanno favorito l’elevata mobilità, tra cui la progressiva frantumazione del materiale durante la discesa e l’espansione dei fluidi caldi dal corpo del cono.
“La calibrazione del modello numerico ha permesso di produrre anche una mappa di pericolosità aggiornata per l’area sommitale dell’Etna, utile per supportare le decisioni in merito all’accesso turistico durante le fasi eruttive”, sottolinea Francesco Zuccarello, ricercatore INGV e co-autore. “È uno strumento fondamentale per rafforzare la prevenzione e la gestione del rischio in un contesto in continua evoluzione”.
Proprio poche settimane fa, il 2 giugno, una nuova valanga piroclastica si è verificata sul versante nord-orientale del CSE, che ha formato un deposito esteso fino a quasi 3 km di distanza, confermando i risultati ottenuti dalla mappa di pericolosità e l'importanza di questi studi a supporto della protezione civile per la salvaguardia degli escursionisti e degli addetti ai lavori che operano nella zona sommitale.
Il lavoro si inserisce nell’ambito delle attività del progetto PANACEA – Pianeta Dinamico, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), e costituisce un importante contributo alla comprensione dei meccanismi che possono innescare eventi potenzialmente pericolosi nei vulcani attivi, con applicazioni operative nella valutazione della pericolosità e nella gestione delle emergenze.