Laboratorio di cartografia

Durante una crisi eruttiva le diverse attività di monitoraggio vulcanologico permettono di definire in tempo reale la dinamica e l'evoluzione dell'eruzione in corso. Fra le attività di monitoraggio, la mappatura di un campo lavico in formazione è di fondamentale importanza ai fini di una corretta gestione delle crisi eruttive da parte della Protezione Civile e delle autorità locali, specie in occasione di eruzioni di fianco potenzialmente pericolose per le zone abitate o i terreni coltivati. Tali eruzioni avvengono, ad intervalli irregolari (da meno di un anno a più di 20 anni), da bocche eruttive che si aprono sui fianchi dell'Etna, maggiormente a quote superiori a 1500 m s.l.m. (sopra il livello del mare), ma più raramente anche a sole poche centinaia di metri s.l.m., in zone ormai densamente urbanizzate sui fianchi meridionale ed sud-orientale. Nel caso di una colata di lava potenzialmente distruttiva, le caratteristiche fisiche principali della colata, come il tasso di effusione e la sua espansione sul terreno, devono essere misurate con la migliore precisione possibile, e queste informazioni devono essere comunicate tempestivamente alle autorità e alla Protezione Civile per facilitare le misure ed azioni eventualmente da intraprendere. Il compito di misurare i parametri essenziali di una colata di lava e delle bocche eruttive può essere reso difficile e pericoloso da attività eruttiva esplosiva e dalle caratteristiche del terreno; in tali condizioni l'utilizzo delle nuove tecnologie è di grande aiuto.

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Fig. 1. Esempi delle attività eseguite dal laboratorio di cartografia "MAP-LAB" sul campo per misurare le dimensioni di nuove morfologie vulcaniche (p.es. il cono del Nuovo Cratere di Sud-Est, NSEC) e per determinare la temperatura di una colata lavica attiva.

La mappatura di precisione delle colate laviche si basa su dati raccolti durante rilievi di terreno e da elicottero. L’utilizzo di due GPS-GIS di alta precisione, che possono essere collegati via cavo ad un binocolo laser, permette di acquisire a distanza la posizione di target potenzialmente pericolosi (bocche eruttive) o difficili da raggiungere. Le colate possono anche essere mappate tramite rilievi GPS cinematici effettuati camminando lungo porzioni del limite del campo lavico.

Durante i rilievi di terreno si raccolgono campioni di lava, che viene immediatamente raffreddata con acqua o neve, per poter effettuare in laboratorio l’analisi chimica dei vetri. Sul terreno si misura, inoltre, la temperatura della lava con una telecamera termica o una termocoppia. Ogni punto di misura o di campionamento viene registrato nel GPS insieme ai parametri ad esso associati.

Fra il 12 gennaio 2011 e il 27 aprile 2013, l’Etna ha dato luogo a 38 eventi parossistici di fontane di lava dal Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC) che hanno generato dei campi lavici (Fig. 2) propagatisi nella Valle del Bove senza provocare danni. Le massime lunghezze raggiunte da queste colate laviche sono state poco superiori a 4 km. Inoltre, alcune colate di lava sono state emesse da fratture sui fianchi sud e nord del NSEC. Questi eventi hanno rappresentato una delle numerose occasioni di messa a punto delle modalità operative sul terreno e della successiva elaborazione dei dati acquisiti.

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Fig. 2 -  Alcuni esempi di episodi di fontana di lava nel 2011-2012 e mappa complessiva dei 25 campi lavici formatisi durante gli episodi parossistici del NSEC dal 12 gennaio 2011 al 24 aprile 2012

Un bell’esempio di quanto velocemente possa cambiare la morfologia di un vulcano viene fornito dall’Etna in occasione della formazione di un nuovo cono di scorie alle pendici del fianco orientale del Cratere di Sud Est (SEC). A novembre 2009 un nuovo cratere a pozzo (5 x 8 m) si apriva alla base del SEC (Fig.3) e dopo una serie di collassi raggiungeva circa 40 volte la sua dimensione iniziale.

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Fig. 3  a) e b) Il cratere a pozzo prima e dopo l'episodio eruttivo parossistico di gennaio 2011 (linea rossa tratteggiata in b: contorni dell'orlo del pozzo); c)-d)-e) evoluzione del cratere a pozzo su un modello digitale del terreno (DEM).

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Fig. 4  a) e b) Evoluzione del cono del NSEC nel 2011 e 2012; è evidente una notevole crescita sia in altezza che in larghezza del cono. c)-d)-e) Spessori dei prodotti vulcanici che costituiscono il cono, su un DEM.

Il materiale scoriaceo accumulato durante le fontane aveva costruito, attorno al cratere, un cono alto 110 m ad agosto 2011, 190 m ad agosto 2012 (Fig. 4), e dopo i parossismi di febbraio-aprile 2013 il cono aveva raggiunto un'altezza di 245 m. Poiché questo cono cresce quasi esclusivamente durante l’attività di fontanamento, possiamo dire che il NSEC si è formato in circa 2 giorni e mezzo (durata totale delle 38 fontane dal 12 gennaio 2011 al 27 aprile 2013 circa 60 ore).

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Fig. 5. Mappa delle colate laviche emesse durante la serie di episodi parossistici fra febbraio e aprile 2013

Tutte le informazioni raccolte vengono riversate nel geodatabase creato ad hoc dallo staff del laboratorio, realizzato con il software ArcInfo della ESRI per la visualizzazione, l'analisi, l'”editing” e il “geoprocessing” di dati spaziali. Un geodatabase è una banca dati ottimizzata per archiviare e interrogare dati correlati ad oggetti nello spazio, ottenendo così dei record completi e omogenei delle caratteristiche di ogni evento eruttivo.

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Fig.6 – Vari esempi di output di interrogazioni del geodatabase dell’Etna.

Monitoraggio vulcanologico con l’uso di droni

Uno degli elaborati indispensabili al monitoraggio vulcanologico è la mappatura dei prodotti vulcanici e quindi l’aggiornamento della superficie topografica da essi modificata.  Oggi, in aiuto all’esperto vulcanologo, interviene la Geomatica, disciplina che integra le nuove tecnologie informatiche con i diversi settori tecnico‐scientifici relativi al rilevamento e al trattamento dei dati ambientali e territoriali (cartografia, geodesia, telerilevamento, sistemi informativi territoriali).

I rilievi da elicottero permettono di fotografare l’intero campo lavico, rappresentando il migliore ausilio alla mappatura. Purtroppo tali rilevi vengono effettuati di rado a causa dell’elevato costo, inoltre sono vincolati alle condizioni atmosferiche. La Geomatica si avvale quindi prevalentemente della tecnica di rilievo aerofotogrammetrico che attualmente sta maggiormente beneficiando dello sviluppo tecnologico dei sistemi aeromobili a pilotaggio remoto (SAPR) comunemente detti droni.

L’aerofotogrammetria consente di ottenere informazioni metriche (forma e posizione) di oggetti tridimensionali mediante interpretazione e misura di immagini fotografiche. Per le operazioni di rilievo aerofotogrammetriche il drone deve essere dotato di una fotocamera di buona risoluzione e devono essere noti i parametri dell’ottica e la risoluzione del sensore digitale (CCD). La fotocamera è montata su un supporto mobile stabilizzato dotato di giunti cardanici sui tre assi chiamato gimbal il quale mantiene l’orientamento dell’obiettivo della camera perfettamente ortogonale alla superficie del suolo, compensando i movimenti del velivolo.

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Una accurata pianificazione delle missioni di volo consente di ottenere una copertura dell’area da investigare, adeguata allo scopo finale del rilievo.

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Le immagini ottenute vengono successivamente selezionate ed elaborate con dei software di fotorestituzione con approccio SFM (Structure For Motion), che a fronte di un input di immagini georiferite, restituisce una serie di output a seconda delle esigenze finali:

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 Geovires

Geovires.jpgGeovires è il nuovo laboratorio di realtà virtuale immersiva  realizzato dal  Università degli Studi di Milano-Bicocca Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra DISAT.

In GeoVires sono pubblicati 40 modelli 3D, denominati “Virtual Outcrops”, con lo scopo di condividere affioramenti e oggetti geologici di varie parti del mondo. In particolare il Laboratorio di Cartografia e il Laboratorio Droni hanno deciso di condividere i modelli 3D elaborati, utili per diffondere la conoscenza della Scienza della Terra, rendendoli utilizzabili e fruibili da quante più persone possibili. Gli affioramenti di interesse geologico, che in questo periodo storico sarebbero altrimenti non visitabili, messi a disposizione dell’OE sono: l’isola Lachea, le salinelle di Paternò, il cratere di Vulcano La Fossa e una delle fratture generatesi con il terremoto del 26 Dicembre 2018.

I modelli 3D sono visualizzabili al link: https://geovires.unimib.it/