Miscellanea "Alfred Rittmann"

Biografia di Alfred Rittmann

image Alfred Rittmann nel 1962.
Per gentile concessione di Loredana Rittmann
Alfred Ferdinand Rittmann nacque il 23 Marzo 1893 a Basilea, Svizzera. Il padre, August Martin Wilhelm, era un ricco dentista, la madre Frieda Urech invece possedeva una vena artistica musicale. Fu il nonno materno a indirizzare il giovane Alfred verso la mineralogia e la petrografia tanto che da adolescente possedeva già una grande conoscenza in questo campo che segnò la sua vita. Secondo Pichler, infatti, all’età di 14 anni studiò da autodidatta il Lehrbuch der Mineralogie di Klockmanns (all’epoca in 3 volumi). A 15 anni possedeva oltre ad una personale collezione di minerali anche l’allora nuovissimo microscopio Leitz e tutte le serie a sezioni sottili della Fa. Voigt & Hochgesang di Gottinga. A 16 anni grazie allo studio autonomo apprese perfettamente il funzionamento del microscopio a polarizzazione (PICHLER, 1983).

Nel 1912, a 19 anni, Rittmann s’iscrisse all’università di Basilea nella quale studiò principalmente scienze naturali e musica (fin da piccolo studiò pianoforte e violino) seguendo così la falsariga delle sue inclinazioni giovanili: tra i suoi maestri vi furono Karl Schmidt and Heinrich Preiswerk-Becker. Nel 1917 cambiò università spostandosi a Ginevra, qui conoscerà il geologo-mineralogista Louis Claude Duparc che diverrà suo maestro. Allo stesso anno risalgono le nozze con Erna Schoenwald (IPPOLITO & MARINELLI, 1988). Nel 1921 completa i suoi studi universitari in Scienze Fisiche e Chimiche con una tesi di dottorato – pubblicata l’anno successivo – sulle rocce platinifere di una miniera sita sugli Urali. Contemporaneamente perfeziona la sua formazione musicale al Conservatorio di Ginevra, conseguendo il diploma di direttore d’orchestra. Duparc, però, convinse l’allievo – come questi raccontava – che l’approfondimento delle conoscenze nel campo delle scienze della Terra si poteva fare solo suonando la musica a livello di hobby distensivo (IPPOLITO & MARINELLI, 1988). Senza contare che il giovane scienziato seppe a distanza della prematura morte della madre, avvenuta a soli 37 anni durante un incidente stradale. La musica diventò un ricordo ed un’eredità difficile da sopportare e venne, quindi, messa in secondo piano.

Dal 1921 al 1925, Rittmann seguendo il consiglio di Duparc viaggia e studia in giro per l’Europa, sarà l’occasione per migliorare la sua preparazione, entrare in ambienti culturalmente vivaci, conoscere grandi studiosi, ampliare e specializzare le proprie conoscenze. Studiò a Vienna con F. Becke, a Parigi con A. Lacroix, ad Heidelberg con Goldschmidt, Salomon-Calvi e Wülfing, ad Halle con Von Wolff, ad Amburgo con Gross presso le grandi scuole di petrografia dell’epoca. Gross gli insegnò le nuove tecniche della cristallografia a raggi X. Un risultato successivo dei primi interessi fu il suo metodo zonale (1929) per la determinazione dei feldspati di plagioclasio (FRITSCHER, 2008).

Dopo la sosta presso le grandi scuole di petrografia dell’epoca, i frutti non tardano ad arrivare: nel 1926 Immanuel Friedlander, ricco banchiere svizzero con un forte interesse per la vulcanologia, lo chiama a Napoli per lavorare ai piedi del Vesuvio come petrografo nel suo Istituto Vulcanologico con sede al Vomero, un edificio conosciuto attualmente come Villa Hertha.

Saranno anni fecondi poiché il vulcano napoletano era in una fase di attività persistente - il Vesuvio permase in questa fase dal 1631 al 1944 - ed era probabilmente il vulcano più famoso e studiato al mondo in quel dato momento: il primo osservatorio vulcanologico era stato costruito proprio per studiare il Vesuvio nel 1841, per volere di Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie. In questo ambiente scientificamente stimolante, Rittmann confermerà la sua fama di astro nascente della vulcanologia e avrà la possibilità di studiare vari luoghi e di elaborare originali teorie. Vanno ricordati in questa fase gli studi sull’evoluzione dei magmi del Somma-Vesuvio, sulla formazione della caldera dei Campi Flegrei, sulle eruzioni dello Stromboli e, fiore all’occhiello, le osservazioni compiute sulla geologia dell’isola d’Ischia con l’interpretazione della struttura dell’Isola come un horst vulcano-tettonico (CUBELLIS et al., 2017).

image Alfred Rittmann assieme alla madre Frieda Urech.
Per gentile concessione di Loredana Rittmann
L’impostazione vulcanologica rittmanniana si attestò con un forte accento sulla componente magmatologica. Al di là dei movimenti della crosta terrestre, diventava di fondamentale importanza comprendere il ruolo attivo del magma nei processi eruttivi: le caratteristiche chimico-fisiche dei magmi e i relativi processi geofisici e geochimici assumeranno quindi un ruolo di primaria importanza nell’esplicazione del vulcanesimo. Il complesso dei problemi affrontati lo pose di fronte all’importante quesito dell’origine della crosta continentale, come chiave interpretativa dell’origine dei graniti e della crosta sialica in generale (CRISTOFOLINI, 1981). Questa base di conoscenze, d’altro canto, estenderà le sue ricerche fino ad intercettare la cosmologia e la planetologia.

Nel 1934 chiude l’Istituto Friedlander e la gelosia e le meschinerie della scuola napoletana del tempo, nonché il carattere schivo e alieno da compromessi di Rittmann, gli inibirono di accedere alla direzione dell’Osservatorio Vesuviano, posto a lui congeniale, o di ottenere una cattedra in Italia, ove già aveva cominciato a farsi i primi allievi (IPPOLITO & MARINELLI, 1988). In realtà, questo problema era molto più complesso in quanto vi erano anche altre questioni, come la nazionalità svizzera di Rittmann e il netto contrasto tra l'Osservatorio Vesuviano e l'Istituto Friedlander (RUSSO et al., 2014).

Dopo aver rifiutato una cattedra in Germania per non essersi voluto iscrivere al partito nazista, ritorna in Svizzera dove, dal 1935 al 1941, insegnò all’università di Basilea come docente di petrografia, vulcanologia, geochimica e geofisica. È in questi anni concitati che si sposa per la seconda volta (1934) con Wilhelmine Margarethe Hornhardt. Nel 1936 va ricordata un’importante spedizione polare in Groenlandia, sotto la guida di Lauge Koch, che oltre alle ricerche scientifiche riservò non poche difficoltà ai partecipanti: con i compagni rimane per tre mesi prigioniero dei ghiacci. Ma, come lui stesso raccontava, questa pausa forzata, lo indusse ad approfondire alcuni concetti basilari per la sua teoria sull’origine della Terra (GELSO, 2011).

Di quello stesso anno è la prima edizione de Vulkane und irhe Tätigkeit (RITTMANN, 1936) caposaldo della visione scientifica rittmanniana, da alcuni ritenuto il primo manuale di vulcanologia contemporanea nella storia della scienza europea. Il testo fu pubblicato in lingua tedesca e, otto anni dopo, vide la luce l’edizione in italiano tradotta con l’ausilio di Felice Ippolito: si tratta di una traduzione con aggiornamenti (RITTMANN, 1944).

Negli anni basilesi Rittmann s’impegnerà in alcune controversie teoretiche: assieme al geologo tedesco Hans Cloos sviluppò (1939) una nomenclatura e una classificazione nuova delle rocce plutoniche; un anno prima aveva invece proposto una composizione interna della Terra controcorrente rispetto alle teorie prevalenti. Nel 1941, insieme al fisico svizzero Werner Kuhn teorizzò una nuova visione geochimica dell’interno terrestre. Questa nuova ipotesi si basava sulla nascita del nostro pianeta da una massa di gas solare indifferenziata, si trattava di una teoria cosmologica appartenente alla famiglia delle ipotesi “calde” sulla genesi geologica della Terra (KUHN & RITTMANN, 1941). Questa teoria fu discussa dai due scienziati mentre erano in servizio nell’esercito e stavano aiutando alcuni ebrei a fuggire dalle persecuzioni naziste: si tratta di un dettaglio umanamente non trascurabile e di altissimo valore morale considerando che rischiarono la loro vita per metterne in salvo altre innocenti.

Facendo un piccolo passo indietro, nel 1939 Rittmann, a Francoforte, difese strenuamente la teoria della deriva dei continenti in un convegno sull’Atlantico (RITTMANN, 1939). Il suo punto di forza metodologico rispetto ai suoi rivali intellettuali era il possesso di diversi linguaggi specialistici che gli consentirono una visione controcorrente ma di più ampio respiro; disciplina determinante per le sue argomentazioni erano sempre la petrografia e le riflessioni sulla natura e la genesi dei magmi.

È del 1942 la spiegazione dell’orogenesi attraverso un processo di equilibrio termico (RITTMANN, 1942), idee fondanti per il sistema rittmanniano che sarà arricchito da altri due articoli pubblicati in tedesco alla fine degli anni ’40 (RITTMANN, 1947; 1948): l'esistenza di una pneumatosfera pregeologica spiega, secondo lo scienziato basilese, la formazione dei primi sedimenti di quarzo e l'origine così controversa, in quel tempo, dei graniti (LANTERNO, 1981).

Secondo Bruno Accordi, nel 1947 Vening-Meisnez e Rittmann teorizzano le correnti di convezione del mantello (ACCORDI, 1984). Sono anni complessi per la geologia, è un periodo di rapidi cambiamenti e anche le ricostruzioni storiche sono spesso parziali e, forse, sovrapponibili.

Tornando alle aspirazioni del Nostro, il suo desiderio era quello di intraprendere una carriera accademica nella sua nazione d’origine ma ciò non si verificò. In Germania questa via gli fu preclusa per le particolari e delicate contingenze storiche: ricordiamo che si era nel pieno svolgimento della Seconda Guerra Mondiale e la nazione tedesca era sotto il governo nazista. Nella sua nazione d’origine, per due anni fino al 1941, fu al servizio della Difesa Nazionale Svizzera, dopodiché ritornò in Italia dove diresse (1941-1945) a Roma il Centro nazionale di ricerca geomineraria per l’I.R.I, l’Istituto di Ricostruzione Industriale; fu allora che formò una seconda generazione di allievi italiani: ricorderemo solo gli scomparsi Filippo Falini e Bruno Conforto (IPPOLITO & MARINELLI, 1988). Dal 1945 al 1949 Rittmann fu chiamato a Napoli per dirigere il Centro Geologico Silano del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) con lo scopo di studiare le mineralizzazioni metallifere della Calabria.

Nel 1951 Rittmann pubblica un importante articolo, Orogénèse et Volcanisme (RITTMANN, 1951), nel quale sintetizza delle ricerche in campo orogenetico su cui lavorava da quindici anni: le sue ricerche sui meccanismi eruttivi e l’evoluzione dei magmi lo hanno obbligato a preoccuparsi di orogenesi in generale, perché ad ogni fase orogenetica corrisponde un processo magmatologico specifico, e l’interdipendenza dei fenomeni orogenetici e vulcanici è una cosa evidente (LANTERNO, 1981).

Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, per lo scienziato svizzero si aprì una parentesi egiziana: nel ’49 fu chiamato come professore associato presso l’Istituto di Geologia e Mineralogia dell’Università di Alessandria nella quale, un anno dopo, divenne ordinario. Nel 1953 cambiò università trasferendosi in quella del Cairo per insegnare petrografia, geologia minerale e geochimica; fu ordinario nell’università del Cairo fino al 1957. Appartiene a questi anni la collaborazione con il suo allievo Essam E. El-Hinnawy col quale scriverà diversi articoli sull’ottica dei cristalli.

Il 1954 viene ricordato come un anno importante per la vita di Rittmann poiché gli viene assegnata la presidenza dell’Associazione Internazionale di Vulcanologia (A.I.V.) – questa associazione prenderà in seguito la sigla di IAVCEI, ovvero International Association of Volcanology and Chemistry of the Earth’s Interior. Questo prestigioso incarico (di durata triennale) gli sarà riconfermato per altre due volte consecutive (Toronto 1957; Helsinki 1960), caso forse unico nella storia di questa associazione. Il ruolo di presidente gli consentirà di estendere i suoi scambi e confronti culturali con scienziati di tradizioni e formazioni scientifiche di tutto il mondo.

La crisi di Suez spinse Rittmann a cercare un luogo più sicuro per la sua famiglia: alla fine degli anni ’50, con una fama ormai mondiale e un’esperienza teoretica e pratica di primissima importanza, andò in Italia per la terza volta, stabilendosi in quest’occasione a Catania. Durante il suo soggiorno catanese abitò all’Hotel Excelsior in piazza G. Verga e, successivamente, in un’abitazione sita in via Canfora, 105. Aree di ricerche di questo periodo diventano l’Etna, i monti Iblei, l’isola di Pantelleria e, nuovamente, l’amata isola d’Ischia. Riguardo a questo periodo, esiste una dettagliata testimonianza dell’allievo catanese Romolo Romano, secondo il quale il Prof. Rittmann arrivò a Catania nel gennaio 1958 con l’incarico di direttore dell’Istituto di Vulcanologia, chiamato nell’autunno del 1957 dalla Facoltà di Scienze dell’Università di Catania, per interessamento dell’allora rettore Cesare Sanfilippo e del professore ordinario di Geologia Bruno Accordi. (ROMANO, 1989).

Ebbe influssi su molti, trasferendo nozioni di vulcanologia anche a geologi specialisti in altri campi come Marcello Carapezza, noto geochimico, col quale concordarono la definizione di eruzione laterale da faglia (MARTIN, 2017).

Nel 1960 vide la luce la seconda edizione tedesca del suo libro più famoso, I vulcani e la loro attività (RITTMANN, 1960), che ebbe stavolta diverse traduzioni in varie lingue: inglese, francese, russo, italiano, rumeno e giapponese. Tre anni dopo fu pubblicata l’edizione francese (RITTMANN, 1963), tradotta da Haroun Tazieff, altro eminente vulcanologo del Novecento, che nella prefazione definì questa pubblicazione il migliore libro sui vulcani che sia mai stato scritto, precisando che in nessuna lingua esisteva un’opera che trattasse in modo tanto completo e comprensibile di questo fenomeno fondamentale, il vulcanesimo. Memorabile anche la traduzione in lingua italiana (RITTMANN, 1967) che ebbe una ristampa nel 1972.

Nel 1961 riuscì ad organizzare a Catania un importante convegno sulle ignimbriti, radunando sul tema scienziati di fama internazionale. L’atto più importante di questo periodo fu la promozione della nascita di un istituto di ricerca internazionale ai piedi del vulcano più attivo d’Europa: l’Etna. Questo grande sogno – proposto già nell’Assemblea Generale dell’A.I.V. del 1960 ad Helsinki - si concretizzerà alla fine di quel decennio con la nascita del Laboratorio Internazionale per le Ricerche Vulcanologiche del C.N.R. (1968) sotto il patronato dell’UNESCO. Dopo due anni, il nuovo Istituto si trasformerà nell’I.I.V. ovvero nell’Istituto Internazionale di Vulcanologia. Di questi enti ebbe la direzione del consiglio scientifico e la presidenza onoraria ma, al di là di qualunque considerazione, ne fu l’anima. È doveroso ricordare che il merito della nascita di questa importante istituzione scientifica va condiviso con altri due scienziati: Giorgio Marinelli (1922-1993) e Haroun Tazieff (1914-1998).

La storia della vulcanologia è indissolubilmente legata alla storia dei fenomeni eruttivi sul pianeta Terra e su come essi interagiscono con le società umane: così come il giovane Rittmann lavorò nei pressi del Vesuvio durante un periodo di frequenti attività, il neonato istituto etneo si situò in prossimità dell’Etna, un vulcano con attività pressoché persistente. L’alto numero e la varietà delle fenomenologie eruttive dell’Etna costituirono e costituiscono ancora oggi un fattore di primaria importanza per lo sviluppo della scienza vulcanologica esperita in un centro di ricerca internazionale: l’I.I.V. rappresenta infatti l’apripista dell’attuale INGV-Sezione di Catania-Osservatorio Etneo.

image Alfred Rittmann e l’allievo Carmelo Sturiale nel 1967.
Per gentile concessione di Stefano Branca
Sin dall’inizio fu affascinato dal vulcano Etna e dalla sua attività che seguì con estremo interesse. In vari lavori, infatti, espose le sue idee sulla geologia, la tettonica e la petrografia dell’Etna. Voleva seguire da vicino le varie fasi parossistiche dell’attività eruttiva di questo vulcano e fu appunto in occasione dell’eruzione terminale del 1964 che, per una brutta caduta tra le lave, riportò la frattura di entrambe le gambe. Guarito, con il bastone volle sempre avvicinarsi, per quanto era possibile, ai vari teatri eruttivi dell’eruzioni successive (ROMANO, 1989).

Nel 1967 Rittmann annunciò una nuova norma - la norma Rittmann per l’appunto - per il calcolo degli assemblaggi minerali stabili nelle rocce ignee. Nonostante i vantaggi rispetto alla norma CIPW, la sua applicazione richiedeva ampie analisi chimiche e l’utilizzo di un computer moderno per i calcoli. A causa di queste difficoltà, nonostante lo scienziato basilese lavorasse su questi temi già dagli anni ’40-’50, il libro che trattò estesamente l’argomento fu stampato solamente nel 1973 (RITTMANN et al., 1973). Inoltre, entrambe le norme furono soppiantate da un’ulteriore classificazione (STRECKEISEN, 1967) il doppio triangolo di Streckeisen, che in quegli stessi anni fu adottato dalla comunità scientifica internazionale (YOUNG, 2003).

Numerosi gli allievi di questo periodo, ricordiamo: Violetta Gottini, Giovanni Frazzetta, Romolo Romano, Carmelo Sturiale, Letterio Villari, Giovanni Lanzafame. Notevole anche la produzione dell’ultimo periodo: tra il 1967 e il 1978 pubblica importanti lavori, tra i quali quelli sulla bimodalità dei magmi, quello sull’origine dei pianeti e sui rapporti tra nuclei di plasma ionizzato e campi magnetici sulle meteoriti e sui basalti lunari (FRAZZETTA, 2000).

A Catania, partecipò per l’ultima volta ad una conferenza, dal titolo “Pianificazione delle acque”, tenutasi tra il 17 e il 21 Febbraio del 1980 (NAPPI, 1994-2000). Rittmann morì il 19 Settembre 1980 a piazza Armerina a casa dell’amata figlia Loredana Ferdinanda Assunta, avuta dal terzo matrimonio (31-3-1946) con la napoletana Clementina Militerni. Assieme a Loredana scrisse I vulcani (A. RITTMANN & L. RITTMANN 1976), testo di divulgazione scientifica pubblicato in Italia dall’Istituto Geografico De Agostini. Questo testo verrà tradotto in francese (1976), inglese (1976) e tedesco (1977). La terza edizione del suo testo più importante uscirà postuma nel 1981 solo in lingua tedesca (RITTMANN, 1981) - interessante la Sezione Kosmischer Vulkanismus che, dai risultati della missione Apollo 17, trae conferma delle sue previsioni relative ai magmi dell’interno dei pianeti solidi e delle sue ipotesi generali sulla formazione dei pianeti (FRAZZETTA, 2000).

Questa edizione de Vulkane und irhe Tätigkeit, completamente rivista dall’Autore ma meno nota delle precedenti, contiene delle importanti prese di posizione contro la teoria della Tettonica delle Zolle, esposte con il solito stile accattivante di chi rispetta le posizioni altrui ma è in grado di dimostrare quelle personali, avendo la capacità di argomentare scientificamente e minuziosamente. Rittmann definì quest’opera la sua eredità scientifica, invitando il lettore ad un’autonoma valutazione delle ipotesi e dei modelli allora esistenti e ampiamente riconosciuti. Solo attraverso il pensiero personale, libero ed imparziale viene garantito il progresso della scienza (RITTMANN, 1981).

Nel 1980 Violetta Gottini, una delle ultime allieve, curerà la riedizione (anch’essa postuma) della nota monografia sull’isola d’Ischia (RITTMANN & GOTTINI, 1980) che aveva visto la luce, primariamente, nel 1930 (RITTMANN, 1930)

image L’horst vulcano-tettonico di Ischia è il prototipo delle relazioni esistenti tra vulcanismo, tettonica e magmatismo all’interno della Tettonica Magmatologica.
Da RITTMANN, 1930.
: l’isola era sempre al centro dei suoi interessi, ci tornava spesso in estate accompagnato dalla sua assistente Violetta Gottini e dal fotografo ischitano Gaetano Di Scala.

Numerose le medaglie e le onorificenze conferite allo Scienziato durante la sua lunga carriera, tra di esse spicca certamente la Laurea Honoris Causa (1959) attribuitagli dall’università di Berna: si tratta di uno dei pochi riconoscimenti che la sua nazione gli tributò. Oltre alla presidenza internazionale dell’A.I.V., fu il delegato svizzero per conto della stessa associazione. Nel 1965 era stato insignito della medaglia Gustav Steinmann. Socio Straniero dell’Accademia dei Lincei, fu anche membro onorario della Società di Fisica e Storia Naturale di Ginevra dal 1960 e socio onorario della Società Geologica d’America.

Numerosi anche i modi che il mondo scientifico ha scelto per ricordarlo: il cono di scorie dell’eruzione dell’Etna del 1986-1987 è stato nominato Monte Rittmann in sua memoria. Dello stesso stampo è stata la nomina di un nuovo vulcano scoperto in Antartide nel 1989 (ARMIENTI & TRIPODO, 1991).

Esistono anche una Via Alfred Rittmann a Catania e a Piazza Armerina, nonché una Piazzetta Rittmann ad Ischia. Anche il mondo della mineralogia lo ha voluto tributare con la Rittmannite, un raro minerale del gruppo delle leuciti.

image Rappresentazione schematica delle quattro fasi dell’orogenesi rittmanniana.
Da RITTMANN, 1967, p. 286.
Lascia al mondo della cultura 180 pubblicazioni, tra le quali sono presenti alcune monografie di grande importanza. Presso la biblioteca dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, a lui dedicata, è conservata la Miscellanea Rittmann, contenente circa 3300 voci (BRANCA & LANZAFAME, 2016). Secondo l’architetto Vincenzo Cabianca, col quale collaborò (1965-1980) alla realizzazione della Sezione Vulcanologica (successivamente dedicata proprio a Rittmann) del Museo archeologico regionale eoliano “Luigi Bernabò Brea” di Lipari, Rittmann aveva un cervello strutturato in termini scientifico-evoluzionistici, un’eccellente preparazione filosofica ed in conseguenza una capacità di storicizzare e strutturare le conoscenze e la trasmissione della conoscenza (CABIANCA, 1996).

Rittmann percorre temporalmente quasi tutto il Novecento. Considerando che l’attuale metodo in vulcanologia – a grandi linee, senza entrare in minuziose specificazioni – è stato introdotto dallo scienziato svizzero, possiamo senz’altro affermare che Rittmann è il padre della vulcanologia novecentesca.

Come riassumere il multiforme pensiero scientifico di Rittmann e la sua poderosa produzione scientifica? Forse riportando quanto affermò riguardo ai legami tra vulcanismo e orogenesi: non vi può essere infatti una teoria orogenetica indipendente dal vulcanismo e viceversa, ma invece solo una teoria geologica comune ad ambedue, che comprenda l’intera fenomenologia terrestre di cui il vulcanismo è una parte che non può venire avulsa dall’organica connessione con le altre (RITTMANN, 1944). Negli studi più recenti, il sistema scientifico rittmanniano è stato descritto come un paradigma kuhniano (MUSUMECI et al. 2019), rinviando quindi alla definizione che ne diede Thomas Kuhn (1922-1996), ovvero una conquista scientifica universalmente riconosciuta che fornisce un modello di soluzioni e problemi accettabili per coloro che praticano uno specifico campo di ricerca (KUHN, 2009). Per questo paradigma è stato proposto il nome di Tettonica Magmatologica (MUSUMECI, 2018).

Bibliografia

INGV